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Un periodo di pausa lungo due anni, la stesura di un libro e l'avventura di essere dietro la macchina da presa, segnano un inevitabile inversione di rotta nella sua carriera. "Sono cresciuto e maturato - ha confessato - e questo film segna il distacco da una persona che non c'è più. A 16 anni, quando ho iniziato, ero grezzissimo, non riuscivo quasi a parlare. Avevo un pesante difetto di pronuncia, la esse sibilante". Difetto che ha superato grazie al suo actor coach Mauro Pini.
Un duro lavoro di preparazione, il suo, per questo esordio alla regia: "Mentre preparavo il fisico, per la trasformazione che vedete sullo schermo, lavoravo anche sulla recitazione, andavo sui set, guardavo film per cercare di capire quale fosse il mio linguaggio, che è diverso da quello di mio fratello Gabriele". Inevitabile il confronto: "Crescere è difficile, soprattutto quando lo fai sotto gli occhi dell'Italia - ha ammesso - e se ti chiami Muccino, la gente ti aspetta con i fucili puntati!".
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